Tuesday, August 11, 2009

"Io, pestato dalla sicurezza" Trascina l'Onu in tribunale

Brutta avventura per un consulente italiano che, escluso da un concorso al Palazzo di vetro, aveva denunciato scelte clientelari. "Sono stato preso a calci, assalito e mi hanno messo anche le manette", racconta dall'inviato Giampaolo Pioli

"Sono stato preso a calci e assalito da tre guardie dell’Onu in un ufficio, mi hanno spruzzato in faccia due volte il pepper spray e messo le manette come un delinquente. Per disperazione col bruciore negli occhi ho reagito addentando la mano di uno dei poliziotti e domani dovrò presentarmi in tribunale a difendermi dalle accuse di essere stato io l’assalitore degli agenti. E’ incredibile. Ho lavorato per quasi 6 anni per le Nazioni Unite come consulente con diversi contratti a termine. Sono un idealista, credo nel Palazzo di Vetro e nella sua funzione, ma le cose che accadono al suo interno possono anche essere raccapriccianti…Voglio che ritirino la loro denuncia e se non lo fanno ne presenterò io una contro di loro".


Nicola Baroncini, 35 anni è un giovane valtellinese di Delebio, laureato in economia, sposato con una dipendente dell’United Nations Development Program e padre di un bambino di 2 anni. Il rocambolesco episodio del suo arresto dentro uno dei palazzi dell’Onu, da parte della polizia di New York che lo ha portato anche in carcere a Manhattan per una notte, risale al 22 giugno, ma adesso, con l’udienza, rischia di far esplodere un nuovo caso di nepotismo nella gestione del segretario generale Ban Ki Moon. Senza quel clamoroso arresto tutto sarebbe finito probabilmente nel nulla.

Baroncini sostiene di essere vittima di una rappresaglia interna e che il concorso in programma il 9 giugno per il posto di "special assistant" (60/70 mila dollari l’anno esentasse) del vice direttore dell’ufficio Asia e Pacifico dell’UNDP Ligia Elisondo, al quale ha partecipato classificandosi 4°, potrebbe non essersi svolto nel rispetto delle regole. Dopo il trattamento subito vuole andare fino in fondo.


Il giovane italiano, ora disoccupato, si è rivolto prima ai responsabili delle risorse umane dell’Onu mostrando una e-mail nella quale quasi 2 mesi prima, il 20 aprile l’inglese Alan Doss sottosegretario generale dell’Onu e inviato speciale di Ban Ki Moon per il Congo ringrazia la stessa Elisondo per la posizione che verrà assegnata alla figlia Rebecca prima ancora dell’uscita del bando.


Alla fine dell’esame il 9 giugno una bella ragazza russa Violeta Maximova prima classificata rinuncerà al posto per andare nella fondazione di Bill Clinton e Rebecca Doss seconda in lista ottiene la posizione.


Il 22 giugno per Baroncini arrivano i guai, le manette e crolla il mito dell’Onu. Quando si presenta alla scrivania, il capo dell’ufficio la signora Elisondo gli dice di tornare a casa ma che verrà pagato comunque fino alla fine del mese quando scadrà il contratto. Lui va dal diretto superiore che solo due giorni prima gli aveva promesso di aiutarlo a trovare un altro posto a termine, ma questa volta trova un muro. Baroncini sventola di nuovo l’e-mail di Doss e grida nel corridoio "vergogna… se questo è il modo con cui reclutate la gente".

Un uomo della sicurezza gli chiede di restituire il pass e di lasciare l’edificio.Baroncini obbedisce e comincia a raccogliere le carte e a spegenere il computer. Arriva anche la moglie che lavora poche stanze più avanti e insieme a lei due guardie dell’Onu che lo piantonano obbligandolo(secondo il suo lungo racconto) a rimanere per ore in attesa in un ufficio vuoto.

"A quel punto non capivo più cosa stava succedendo - ci dice - Ho chiesto di parlare col consolato italiano e con un avvocato. Non mi è stato permesso. E’ arrivato anche un altro agente Onu e hanno invitato mia moglie ad andare in un’altra stanza dove le hanno chiesto se a casa ero violento e la picchiavo. C’è tutto nel mio rapporto che ho già presentato alle autorità dell’Onu e che presenterò in tribunale. Ma l’aggressione è avvenuta quando è entrato nella stanza un ufficiale delle Nazioni Unite con la divisa bianca. Una delle guardie mi si è buttata addosso tirandomi per terra e le altre mi hanno preso a calci e spruzzato lo spray. Non ci vedevo gridavo dal dolore volevo un avvocato e mi hanno spruzzato ancora prima di mettermi le manette mi erano addosso in tre. La polizia di New York è arrivata molto dopo con un’ambulanza. Mi hanno portato all’ospedale Bellevue. Non al pronto soccorso ma al reparto psichiatrico. Il medico mi ha visitato e si è messo a ridere giudicandomi sano di mente. Da li sono finito al distretto di polizia per le impronte digitali perché nel frattempo un agente dell’Onu aveva sporto denuncia nei miei confronti dicendo che ero stato io ad assalirlo e da qui sono finito in tribunale alle dieci di sera. Siccome il giudice era già andato a casa ho dovuto trascorrere la notte seduto in una cella on altre 20 persone fino alle nove del mattino quando il magistrato ha fissato per agosto la data dell’udienza".

Avete provato a discutere con l’Onu?
"Il mio avvocato ha cercato diverse volte di mettersi in contatto ma è sempre stato rinviato da un interlocutore all’altro".


E’ probabile che nel frattempo in corte le venga offerto un 'patteggiamento' per chiudere l’incidente?
"E’ quello che mi è stato detto, ma non intendo accettare. Se l’agente dell’Onu non ritira la denuncia ne faccio una contro di loro per le violenze subite e voglio un processo per dimostrare chi è stato l’aggressore e l’aggredito. Chiameremo anche i funzionari dell’Onu a testimoniare. E’ una vicenda assurda e sconcertante. Voglio che venga fuori la verità. Rivoglio la mia dignità…Io non ho nulla da perdere…..ma solo un figlio da mantenere e un mutuo da pagare".

L’ufficio del portavoce delle Nazioni Unite è avaro di dettagli su questo episodio. Ammette che è accaduto , conferma che è stato usato il 'pepper spray' e aggiunge che la guardia coinvolta è stata medicata in ospedale ed è dovuta rimanere a casa una settimana dal lavoro. Sul concorso contestato dell’UNDP dichiarano laconici che "il processo di selezione si è svolto regolarmente". Non parlano del potenziale conflitto d’interesse di Alan Doss che raccomanda la figlia, ma potrebbero essere costretti a farlo com’è del resto già accaduto anche con vecchi scandali Onu del passato.

dall'inviato Giampaolo Pioli

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